Chi ha vinto e chi ha perso alle elezioni regionali del 13 e 14 settembre? «Al netto della Val d’Aosta» dice l’Istituto Demopolis, «la partita delle elezioni regionali si è conclusa con un tre a tre, che ha visto la conferma del Centrosinistra in Campania, Puglia e Toscana e il successo del Centrodestra in Veneto, Marche e Liguria. La Lega ha perso. Considerando i partiti, restano stabili 5 stelle e Pd. Fratelli d’Italia guadagna e la Lega perde. Si conferma la presenza in Italia di un elettorato liquido, variabile. I risultati mostrano comunque una sostanziale tenuta del governo Conte. Ne è convinto il 68%, mentre di parere diverso si dichiara un quinto degli intervistati. ».
Nel Pd si canta vittoria, ma se guardiamo i risultati osserviamo un dato stabile, più che in aumento.
Anche I Cinque Stelle sono rimasti stabili, eppure all’indomani del voto sono volati gli stracci. I Cinque Stelle hanno vinto il referendum, che era una loro bandiera, cosa non da
poco. Nel voto territoriale però c’è stato oggettivamente un crollo di consensi oggettivamente. Diciamo che si è consolidata una debolezza storica che si è rivelata ancora più forte. I Cinque Stelle hanno ottenuto la doppia cifra solo in Campania e in Puglia mentre nelle altre regioni il consenso si è indebolito ulteriormente.
In Campania De Luca ha stravinto. In Campania, alle ultime regionali, su un milione e 800mila elettori odierni di Vincenzo De Luca, meno di un milione lo avevano già votato nel 2015. 53 elettori su 100. 18 avevano optato 5 anni fa per il Centrodestra di Caldoro, 9 per Valeria Ciarambino del M5S. Il flusso elettorale più significativo, 20 su 100, giunge da quanti si erano astenuti.
L’Istituto Demopolis ha studiato anche la provenienza del consenso a Luca Zaia, riconfermato con un plebiscito alla guida del Veneto con 1 milione e 900 mila voti: su 100 elettori odierni, 58 avevano già scelto Zaia nel 2015. 15 elettori su 100 avevano votato i civici Tosi e Morosin, 7 Alessandra Moretti del Centro Sinistra e 9 Berti del M5S. In 11 su 100 si erano astenuti».
La Toscana si conferma roccaforte rossa. Significativa appare l’evoluzione del consenso in Toscana negli ultimi 5 anni. Interessante l’analisi della provenienza del consenso al neo governatore toscano Eugenio Giani: dei suoi 860 mila elettori, poco più di 7 su 10 avevano già votato il predecessore Enrico Rossi. 4 avevano optato per la Sinistra di Fattori, 3 per il grillino Giannarelli; 21 elettori odierni su 100 di Giani nel 2015 si erano astenuti. La gestione dell’epidemia Covid è stata determinante nella crescita del consenso personale ai governatori uscenti. Il netto successo dei presidenti uscenti, con consensi che sono andati ben al di là dell’area politica di riferimento, è da attribuire al forte apprezzamento conquistato tra i cittadini nei mesi dell’emergenza Covid. I trend di fiducia, rilevati dall’Istituto Demopolis, appaiono particolarmente marcati nelle 3 regioni che hanno visto le vittorie con percentuali più nette dei governatori uscenti: in poco più di 8 mesi, quale effetto della gestione del coronavirus, De Luca ha guadagnato 26 punti, passando dal 39% di gennaio al 65% di settembre. Forte incremento anche per il Veneto Zaia, dal 60% al 78%; crescita più misurata, di 13 punti, anche per Toti dal 40% di gennaio al 53% odierno. Dalle Elezioni Regionali emerge un ulteriore fattore particolarmente significativo per il successo di molti dei neogovernatori: nelle motivazioni di scelta dei cittadini il voto al presidente ha spesso prevalso sul voto al partito o coalizione: è ciò che è accaduto, con estrema evidenza, con Zaia in Veneto e con De Luca in Campania. Maggiore equilibrio nel caso di Toti in Liguria. Differente invece il contesto nelle Marche ed in Toscana, nelle quali la forza delle coalizioni ha inciso in modo più rilevante sull’elezione di Acquaroli e Giani. Decisivo infine, nella battaglia pugliese, il peso elettorale di Emiliano. Analizziamo il voto referendario: Sette italiani su 10 hanno scelto il sì nel referendum costituzionale del 20 e 21 settembre: sia pur inferiore alla percentuale rilevata prima dell’estate, la propensione dei cittadini alla riduzione del numero dei parlamentari è rimasta stabile nelle ultime settimane: come conferma il trend dell’Istituto Demopolis, nonostante il dibattito sui social e tra gli “addetti ai lavori”, il sì al referendum è oscillato fra il 73% del 2 settembre ed il 68% del 12 settembre fino a sfiorare il 70% nel risultato delle urne. La Lega non ne esce bene da queste elezioni, in poco più di un anno la Lega di Salvini ha perso 12 punti, passando dal 37% del luglio 2019 al 25% odierno. Resta nel complesso stabile il Partito Democratico, in lieve crescita al 21%; cresce dal 6,4 al 15,2% il consenso per Fratelli d’Italia. Se un anno fa la distanza tra Lega e PD era di circa 16 punti, oggi si è ridotta a soli 4 punti: è la conferma dell’estrema variabilità negli umori dell’elettorato italiano.
Orazio D’Antoni